Accordo sul nucleare iraniano. Una possibilità che l’Unione europea dovrebbe cogliere

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Mentre il presidente eletto Donald Trump è in cerca di opzioni per un premio Nobel per la pace e tutti gli occhi sono puntati sulla guerra della Russia all’Ucraina, un candidato meno inverosimile per un accordo potrebbe essere il programma nucleare iraniano e la sicurezza del Golfo. E l’Europa potrebbe svolgere un ruolo fondamentale nel facilitarlo.

Per essere chiari: il Medio Oriente è su una traiettoria di escalation. La tregua in Libano è fragile e rischia di aggravare la distruzione e la ricolonizzazione di Gaza da parte di Israele, mentre la caduta del regime di Bashar al-Assad in Siria ha spinto Israele a occupare altro territorio siriano e ravviato le illusioni di un cambio di regime anche a Teheran. Il regime iraniano potrebbe effettivamente essere più debole di quanto pensiamo. Tuttavia, questo non lo rende più malleabile come dimostrato dall’arresto e l’incarcerazione di Cecilia Sala, in quel che in tutto e per tutto appare essere la cattura di un ostaggio da parte del regime. E anche se quel regime dovesse cadere, l’alternativa più probabile non è una democrazia liberale, ma una dittatura militare guidata dalle guardie della rivoluzione.

Da parte sua, Teheran, che ha visto degradarsi due dei suoi tre pilastri di deterrenza – il programma missilistico e le milizie – potrebbe accelerare sul terzo: il dossier nucleare. Infatti, con l’accordo sul nucleare iraniano (noto come Joint Comprehensive Plan of Action) in frantumi, Teheran ora arricchisce l’uranio al 60% e ha costruito centrifughe di nuova generazione. La Russia, che aveva svolto un ruolo costruttivo nei negoziati del JCPOA del 2015, probabilmente ora sta fomentando Teheran. A ciò si aggiunga che la squadra di politica estera di Trump è quanto di più ostile all’Iran, il che rende probabile che il Presidente eletto sia sensibile alle proposte revisioniste di Netanyahu per ridisegnare il Medio Oriente e forse anche rovesciare il regime di Teheran.

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Nonostante ciò, il dado non è ancora tratto. Trump ha fatto del rifiuto delle guerre senza fine un suo marchio di fabbrica e un’escalation tra Iran e Israele rischierebbe di trascinare gli Stati Uniti in un pantano. È proprio quello che Israele vuole. Da parte sua, l’Iran deve essere consapevole di essere stato indebolito e il suo nuovo presidente Masoud Pezeshkian ha segnalato più volte la sua disponibilità a riprendere i negoziati. Inoltre, mentre nel 2015 l’Arabia Saudita era assolutamente contraria al JCPOA (da cui era stata erroneamente esclusa), le sue relazioni con l’Iran sono migliorate in maniera tangibile da quando i cinesi hanno mediato un accordo di riconciliazione tra i due Paesi nel 2023, al punto da aver svolto esercitazioni militari congiunte. L’Arabia Saudita, come altri Paesi del Golfo, non ha alcun interesse a una guerra regionale su larga scala, né al caos in Iran. E mentre Russia e Cina sono sempre più allineate sull’Ucraina, non sono del tutto in sintonia in Medio Oriente, dove Pechino, a differenza di Mosca, probabilmente non è interessata a un Iran dotato di armi nucleari.

Tutto ciò apre una possibilità che gli europei, e in particolare l’Ue, dovrebbero cogliere. L’accordo sul nucleare iraniano è stato il principale successo dell’Ue in politica estera. La creazione del formato negoziale E3/EU + 3 (con Francia, Germania, Regno Unito e l’Alto rappresentante dell’Ue, oltre a Stati Uniti, Russia e Cina, e l’Iran dall’altra parte), nonostante la profonda spaccatura transatlantica causata dalla guerra in Iraq nel 2003, fu una vera e propria impresa. Così come fu un’impresa tenerlo in piedi negli anni difficili della presidenza iraniana di Mahmoud Ahmadinejad, e quindi arrivare a un accordo nel 2015 quando si crearono condizioni politiche favorevoli a Washington e Teheran. Quell’accordo è stato stroncato da Donald Trump nel 2018 e oggiè impossibile pensare a un ritorno al JCPOA e al formato negoziale che lo ha fatto nascere. La Russia non ha più un ruolo costruttivo, mentre i Paesi del Golfo, e in particolare l’Arabia Saudita, dovrebbero essere coinvolti. Il negoziato potrebbe concentrarsi sul dossier nucleare, ma dovrebbe essere allargato anche alla sicurezza regionale.

L’Ue ha ora un nuovo Alto rappresentante, Kaja Kallas. La signora Kallas vuole giustamente concentrarsi sull’Ucraina (dove si è recata per il primo viaggio nella sua nuova posizione), che è la questione di sicurezza più importante per l’Ue. Tuttavia, la guerra in Ucraina non sarà risolta dall’Ue, mentre gli eventi degli ultimi anni hanno reso evidenti i legami tra l’est e il sud dell’Europa. Questo è un aspetto che Kallas conosce bene. Non sarà facile ottenere risultati sull’Iran e contribuire alla sicurezza del Golfo, ma potrebbe esserci più margine per un’azione positiva di quanto si pensi, con vantaggi che includono la de-escalation in Medio Oriente, la non proliferazione nucleare, la creazione di un ponte verso la prossima presidenza Trump e il contenimento della Russia, oltre a riabilitare in qualche modo la reputazione compromessa dell’Ue nel sud. Tutti si aspettano che il nuovo Alto rappresentante si concentri sulle sfide a est, e in effetti dovrebbe farlo. Ma ottenere risultati a sud potrebbe essere altrettanto importante, e forse più alla portata.



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